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Cinema e scenografia

Il paesaggio calabrese, fatto di contrasti forti e significativi, è stato spesso la scena ideale di film intensi e drammatici che hanno raccontato realtà difficili.

Da Mario Camerini (Il brigante Musolino -1950) a Pietro Germi (Il brigante di Tacca del Lupo -1952) e Renato Castellani (Il brigante -1960) i personaggi sono l’espressione delle drammatiche contraddizioni di una vita piena di difficoltà dove la strada è, quasi sempre, “in salita”. E, fra queste contraddizioni emerge quella che fa vedere nel paesaggio calabrese, seppur pieno di conflitti, qualcosa di solenne, di religioso, e che spiega la scelta di alcuni registi di girare i loro film in Calabria: opere importanti come Ulisse di Mario Camerini, del ’59, e alcune scene del film Il Vangelo secondo Matteo di Pier Paolo Pasolini (1964) sono state ambientate in questa regione; anche L’Armata Brancaleone di Mario Monicelli, del ’66, a un certo punto giungerà nelle belle località intorno a Isola Capo Rizzuto. Ma gli scontri e le forti passioni, forse giustificati per il cinema degli anni ’50 e ’60, il cinema della “ricostruzione”, non si sono risolti né si sono assopiti. Un ragazzo di Calabria, infatti, film del 1987, di Luigi Comencini (Leone d’Oro al Festival di Venezia 1987), è un riassunto di tante contraddizioni: Demetrio Casile ne scrive la sceneggiatura e vince il Premio Solinas. Casile ha sceneggiato un altro film dove la terra di Calabria è ancora protagonista, insieme al destino e al presagio: Tra Scilla e Cariddi (1997), di cui è stato anche regista.

Ma è con Il ladro di bambini (1992) di Gianni Amelio (Gran Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes 1992) che il paesaggio esprime in modo toccante, più eloquente di mille parole, i problemi e la rassegnazione: nel film un’attenzione dei protagonisti nei riguardi della natura sembrerebbe quasi un sentimento futile in confronto ai problemi “veri” dei protagonisti stessi. Amelio è calabrese, quindi conosce bene la realtà della sua terra; anche Antonio, il carabiniere protagonista del film è calabrese; ma non è certamente un “ladro di bambini”, è piuttosto una delle vittime di un ambiente indifferente e di una burocrazia spietata e ipocrita dove non c’è posto per i buoni sentimenti. “Tu non devi pensare. Tu devi eseguire gli ordini!” dirà alla fine del viaggio il maresciallo ad Antonio.

Il regista calabrese pone i tre protagonisti del film nella stessa situazione: l’isolamento dei due bambini, Luciano e Rosetta, accompagnati in un viaggio quasi clandestino da Milano alla Sicilia non è diverso dalla solitudine di Antonio che li accompagna; la sua divisa di carabiniere non lo pone affatto su un livello superiore. Ma questa è proprio la condizione necessaria sulla quale costruire quella “comunicazione” che è il motivo centrale del film: lo scambio di energie e debolezze fra i tre personaggi è così importante che alla fine del viaggio ce li restituirà cambiati. Uno scambio che rappresenta una comunicazione vera e propria e che può succedere solo perché quel rispetto, che nell’ambiente in cui vivono è così poco, nel loro incontro è importantissimo. Il nostro regista osserva attentamente il mondo dell’infanzia riflettendo sull’ipocrisia degli adulti ma senza retorica o esagerazioni: in tutto questo il paesaggio della Calabria viene fuori tante volte nella sua bellezza selvaggia, piena di luci e colori.

Un altro autore calabrese è Mimmo Calopresti. Nato a Polistena (Rc), nel 1955, ha vinto diversi premi importanti. Nel 1995 dirige il film La seconda volta la cui sceneggiatura aveva vinto, nel ’94, il Premio Solinas; il lungometraggio, interpretato da Nanni Moretti, è presentato l’anno dopo a Cannes nella Selezione Ufficiale: è il racconto di una relazione ambigua fra un professore e un terrorista. Nel ’97 dirige, scrivendone anche la sceneggiatura, un altro bellissimo film: La parola amore esiste, di nuovo al Festival di Cannes, questa volta nella Quinzaine des Realisateurs. Il 2000 è l’anno di Preferisco il rumore del mare, un lavoro molto apprezzato, dal pubblico e dalla critica. In uno stile asciutto e preciso, senza sbavature, il cineasta calabrese racconta, attraverso un’amicizia incompiuta tra due giovani molto differenti, e grazie alla bella fotografia di Luca Bigazzi, non solo lo scontro tra due generazioni ma anche il problema scottante fra il Nord e il Sud dell’Italia. D’altra parte, Calopresti è bravo a raccontare i problemi attraverso i personaggi e questo film ne è un’ulteriore conferma perché il messaggio arriva diretto e raggiunge lo scopo: anche se esistono differenze culturali non si può pretendere di colmarle ad ogni costo, ma neanche rinunciare a combattere o ad essere protagonisti della propria vita.

E calabrese è anche l’esordiente Michele Raso, nato a Cinquefrondi (Rc): interpreta il personaggio di Rosario, un giovane che il destino ha reso superbo e pieno di diffidenza.

Calabrese è, ancora, Francesco Misiano, produttore insolito, fondatore della Mezrabpom Film. E’ veramente magnifico che nel momento in cui, alla metà degli anni Venti, l’Unione Sovietica soffre le conseguenze della Guerra Mondiale il cinema, in questo Paese, viva la sua stagione migliore proprio grazie alla casa di produzione di un calabrese. La Mezrabpom Film realizza una produzione di ben 160 film e 240 documentari riuscendo, così, a suscitare nel pubblico russo una grande attrazione per il cinema.

Importante è stata, inoltre, nel teatro e nel cinema italiano la figura di Leopoldo Trieste: commediografo, regista e attore. Trieste, di Reggio Calabria, si rivela nel dopoguerra come interessante autore drammatico. In seguito, però, abbandonerà il teatro per il cinema ed è a questo che rimarrà legato fino ad oggi, interpretando circa 170 film, tra cui Divorzio all’italiana (1962) di Pietro Germi, e lavorando anche con famosi registi stranieri come Francis Ford Coppola (Il Padrino Parte II). Con Federico Fellini nascerà un rapporto speciale, non solo artistico (Lo sceicco bianco - 1952, I vitelloni - 1953) ma, come rileva Tullio Kezich che di Fellini è stato il biografo, anche umano, costruito su sogni e fantasie comuni.

Infine, il neorealismo italiano deve tanto a un grande attore calabrese: Raf Vallone. Nato a Tropea nel febbraio del 1916, si trasferisce molto presto a Torino per motivi di lavoro del padre e, in poco tempo, sfonderà nel cinema lavorando con i più importanti registi del momento. Ma non dimenticherà mai il suo profondo amore per il Sud, per la Calabria e per Tropea. Come lui stesso dice in un’intervista: “Mi mancava il contatto col mare o la sua vista dall’alto della rupe sulla quale si alza Tropea, una cittadina dal passato ricco di storia…”. A Torino, Vallone lavora in teatro e cura la terza pagina dell’Unità. In quest’occasione realizza uno splendido documentario sulla vita delle mondine, le lavoratrici delle risaie. Il reportage, finito tra le mani di Giuseppe De Santis, diventerà un celebre film: Riso amaro (1948).

Inizia così, accanto a Silvana Mangano e Vittorio Gassman, la sua sfolgorante carriera nel cinema. Un anno dopo, infatti, lo stesso De Santis lo vuole come protagonista di Non c’è pace fra gli ulivi: un bellissimo film drammatico in cui Vallone recita stupendamente, coinvolgendo gli spettatori fino all’ultima scena. Nel 1950 interpreta il ruolo di un minatore siciliano nel film di Pietro Germi Il cammino della speranza accanto a Elena Varzi, una splendida attrice che Vallone sposerà e amerà tutta la vita. Si tratta di un film magnifico, di grande attualità anche dopo più di 50 anni, perché nel corso della storia i problemi degli uomini, in fondo, sono sempre gli stessi; quello che è cambiato oggi è, invece, nel nostro cinema in generale, la possibilità di trovare attori come Vallone in grado di raccontarli.

Nel 1953 comincia a lavorare all’estero. Marcel Carné gli offre, infatti, un ruolo da protagonista nel film Teresa Raquin. L’esperienza francese continua nel 1958 accanto a Magali Noël. Nel 1961 Vallone inizia l’avventura cinematografica negli Stati Uniti con El Cid, diretto da Antony Mann, accanto a un attore straordinario come Charlton Heston: il film segna l’inizio di una serie di successi in cui l’attore saprà farsi amare anche dal pubblico americano. Nel 1970 recita nel film di John Houston Lettera al Cremlino e nel 1990 nel film di Coppola Il Padrino Parte III accanto a un meraviglioso Al Pacino.

Ma il cinema non è l’unico talento dell’attore calabrese. Il suo viso fortemente espressivo e l’interpretazione personalissima portano, infatti, al successo anche in teatro. La recitazione in Ornifle di Anouilh e nel Tommaso Moro di Shakespeare, entrambi a fianco del figlio Saverio, gli valgono un grande successo di pubblico e di critica.

Ma l’incontro veramente eccezionale avviene tra l’attore e il teatro di Arthur Miller perché Vallone riscrive il finale di Vu du pont (Uno sguardo dal ponte): opera teatrale in cui, a Parigi, agli inizi degli anni ’60, interpreta il ruolo di protagonista per la regia di Peter Brook. In seguito lo stesso lavoro sarà portato in Italia e Vallone oltre che interprete sarà anche traduttore e regista. Nel 1962, quando Sidney Lumet chiede ad Arthur Miller di farne un film l’autore acconsente a condizione che si utilizzi l’adattamento di Raf Vallone. Anche nel film il ruolo del protagonista sarà naturalmente assegnato a lui.

Il lavoro in teatro continuerà per molti anni con opere formidabili tra cui lo Stalin, messo in scena da lui stesso, al Teatro Eliseo di Roma, in cui è anche attore principale. Il 1994 è l’anno dell’ultima apparizione in teatro di un attore e regista straordinario che non ha mai dimenticato il luogo in cui è nato, e dove è sempre tornato, Tropea e il suo mare: “… quel mare sonante di voci e di vite che risalgono agli albori della civiltà mediterranea”.

 

Appuntamenti

Festival Internazionale dei Circoli del Cinema, a Reggio Calabria, da fine settembre a inizi ottobre.

Incontri Cinematografici Silani, in Sila, dalla metà di agosto alla metà di settembre. E’ un’importante manifestazione che si svolge nel bellissimo scenario del territorio silano.

Rassegna Cinematografica “Lanterna Magica”, a Pizzo (Vv), da dicembre a maggio.

Teli tra i Cieli, a Tropea (Vv), da luglio a settembre: è un’interessante rassegna di cinema d’autore le cui proiezioni si svolgono all’aperto, nell’affascinante piazza Luigi di Francia.

 

Da visitare

Cineteca Regionale, a Catanzaro in via Pio X. Tel 0961746683. Aperto per visite su richiesta. La cineteca si occupa non solo di conservazione ma anche di restauro e produzione di materiale filmico. Nel 2002, in occasione degli Incontri Cinematografici Silani, un’attenzione speciale è stata rivolta al cinema documentaristico, esattamente al documentario etnografico nel Sud, mostrandone quelli che sono stati i cambiamenti tecnici nel corso del tempo, fino all’attuale influenza degli audiovisivi. Tra gli ultimi lavori della cineteca: la realizzazione del mediometraggio Melissa ’49-’99, conosciuto e apprezzato anche fuori dal nostro Paese, e, nel 2001, la cura della ristampa dei film girati da Vittorio De Seta tra il 1954 e il 1959.
La cineteca è impegnata anche in diverse rassegne monografiche, incontri con gli autori e studi sulla produzione filmica. La Calabria, come scelta scenografica di numerosi film degli anni ’50, costituisce soltanto uno dei tanti momenti riflessivi della cineteca, sul cinema e la sua storia.

Mediateca Regionale della Calabria, a Reggio Calabria in via Al Foro Boario 2. Tel 0965591039. Aperto negli orari d’ufficio dietro appuntamento telefonico.

 

Curiosità

Il noto film di Renato Castellani, Il brigante, del 1960, è tratto dal romanzo omonimo di Giuseppe Berto, scrittore nato a Mogliano Veneto in provincia di Treviso ma vissuto prevalentemente in Calabria, a Capo Vaticano. Su un altro suo lavoro è basato il bellissimo film drammatico di Enrico Maria Salerno Anonimo Veneziano (1970), con Florinda Bolkan e Tony Musante, che racconta l’ultimo incontro tra un musicista a cui restano solo pochi giorni di vita e la donna che in passato lo ha amato molto.

 

Informazioni

L’interesse della Calabria verso il cinema è testimoniato dalle notevoli attività culturali svolte dalle istituzioni legate a questa forma d’arte e, in genere, dalle iniziative di gruppi dinamici e intraprendenti o da singole personalità che coltivano la passione per il cinema.

Presso l’Accademia di Belle Arti di Reggio Calabria (via 25 luglio 10, tel 096521710 / 096520030) sono attivi i corsi di storia dello spettacolo e quelli di scenografia.

L’Accademia di Belle Arti di Catanzaro (via Guglielmo Pepe 23, tel 0961721677) offre gli insegnamenti di storia dello spettacolo, di scenografia, di costume e di teoria e metodo dei mass-media. L’Accademia organizza, inoltre, interessanti rassegne cinematografiche come quella realizzata nel marzo 2002 e intitolata Metafore della visione: una grande retrospettiva sul cinema sperimentale e d’avanguardia americano degli anni 1930-1980.

Rassegne di cinema sono svolte a Catanzaro anche su iniziativa della Facoltà di Giurisprudenza, di associazioni culturali e di studiosi. Interessanti seminari sono curati, infine, dalla Cineteca Regionale.

Infine, presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università della Calabria è attivo un Corso di Laurea in DAMS (Discipline delle Arti, Musica e Spettacolo) che conferma l’interesse della regione per questo genere di insegnamenti (via Pietro Bucci, Arcavacata di Rende -Cs- tel 0984493883).

 

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